lunedì 7 dicembre 2009

Le cellule specchio

2/02/2005

Quale meccanismo sottende alla comprensione non solo delle azioni degli altri, ma anche dei loro intenti? Un raffinato studio basato sulle neuroimmagini ha permesso di comprendere di più i processi cerebrali che ci permettono di interpretare i comportamenti altrui. Ne parla la rivista PLOS Biology.

Grazie alle tecnologie odierne è possibile osservare il cervello in azione, o meglio registrare quali aree e percorsi neurali si attivano a seconda delle diverse percezioni o azioni in cui il soggetto viene coinvolto. Da questi studi si è giunti ad identificare una categoria particolare di cellule, chiamate “cellule specchio”, perché si attivano non solamente quando un individuo compie un’azione, ma anche quando vede la stessa azione compiuta da un altro. L’attività delle cellule specchio può essere attivata dalla visione dell’azione compiuta da un altro individuo, come anche da un’immagine statica o persino dal suono collegato all’azione. Le cellule specchio svolgono un ruolo molto importante nella comprensione dei comportamenti altrui, fornendoci le basi per poter interagire con gli altri.

La domanda chiave che si sono posti i ricercatori è se queste cellule specchio siano coinvolte solamente nel riconoscimento delle azioni, o anche, in modo più profondo, nella comprensione degli intenti che vi sono dietro. Infatti l’azione implica di per sé il concetto di un agente e di un oggetto, quindi un intento e un obiettivo. Per determinare questa sottile discriminazione, gli studiosi hanno sottoposto un gruppo di soggetti alla visione di una serie di immagini: un’azione senza contesto, un’azione nel suo contesto, e un contesto senza l’azione (solo oggetti). Ad esempio, veniva mostrato l’atto di afferrare una tazza, sia da solo, sia con la tazza collocata nel contesto di una tavola imbandita per il tè (pasticcini, bricco e tazza colma) o dopo la consumazione (in disordine e con tazze e piatti vuoti). Nel primo caso il gesto, di per sé identico, di afferrare la tazza aveva implicito l’intento di bere, nel secondo caso di sparecchiare. L’analisi delle neuroimmagini evocate da queste diverse diapositive ha mostrato nel cervello dei soggetti l’attivazione di aree relative a differenti gruppi di cellule specchio. “Questo significa”, deducono gli autori, “che il sistema delle cellule specchio nell’uomo non fornisce semplicemente un meccanismo di riconoscimento dell’azione, ma costituisce anche un sistema neurale per codificare le intenzioni degli altri”. Si tratta insomma di un sistema più complesso di quanto ipotizzato in precedenza.

“La più forte attivazione della corteccia frontale inferiore nella condizione dell’intento di ‘bere’ piuttosto che in quello di ‘sparecchiare’ è coerente con la nostra interpretazione che una specifica catena di neuroni codifichi una sequenza probabile di atti motori, che sta dietro alla codifica delle intenzioni”. Insomma, la mente anticipa l’azione che più probabilmente seguirà a quella visualizzata, e poiché bere, azione naturale, è più radicato che sparecchiare, l’eco che evocherà nel cervello sarà più forte. La mano afferra la tazza, la mente afferra l’intento che c’è dietro, e i ricercatori, forse, hanno afferrato il meccanismo cerebrale che l’ha animata.

Fonte: Iacoboni M, Molnar-Szakacs I, Gallese V et al. Grasping the intention of others with one’s own mirror neuron system. PLOS Biology 2005;3(3).
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