mercoledì 16 dicembre 2009

Meditazione a scuola

ROMA - Tre mesi di intensa meditazione possono portare la mente di una persona ad acutizzarsi al punto tale da percepire dettagli e fatti della vita di tutti i giorni. Fatti che, normalmente, ci è quasi impossibile cogliere. E' come se si aprissero le porte in un mondo molto più vasto rispetto a quello a cui siamo abituati. Secondo uno studio americano, questa disciplina vecchia di millenni può realmente aiutare a controllare e sviluppare la mente dell'uomo e potrebbe dar modo di curare una problematica della mente - che impedisce un normale comportamento e una regolare concentrazione - nota come Adhd (attention deficit hyperactivity disorder), che colpisce dal 3 al 5% dei bambini. Spiega Richard Davidson dell'Università del Wisconsin, neuroscienziato che ha seguito la ricerca: "Alcune caratteristiche della mente che si credevano assolutamente immutabili, in realtà possono subire profonde mutazioni con esercizi continui. La gente sa che l'esercizio può aumentare le capacità del proprio corpo, ma ora le nostre ricerche dimostrano, senza ombra di dubbio, che con l'esercizio è possibile aumentare anche la capacità mentale".

Porre attenzione ai fatti richiede tempo e impegno e poiché ciascuno di noi ha una limitata capacità mentale, la gran parte dei dettagli dei fenomeni che avvengono attorno a noi ci sfuggono. Un esempio tra i tanti: se due immagini vengono fatte comparire contemporaneamente su un video, una delle due non viene colta dalla mente. Il fenomeno è chiamato "cecità dell'attenzione". Ma il fatto che occasionalmente si riesca a cogliere anche la seconda immagine suggerisce che ciò possa diventare regola con un giusto esercizio della mente, che si può realizzare con la meditazione indiana. Davidson si è convinto ad approfondire tutto ciò su diretto incitamento del Dalai Lama, una decina di anni fa. Spiega Davidson: "Anche se da trent'anni praticavo personalmente la meditazione, solo allora avevo capito che era giunto il momento di approfondirla dal punto di vista scientifico. Va detto infatti, che la meditazione è un metodo che facilita la regolazione delle emozioni e dell'attenzione e non si deve pensare che sia sempre qualcosa di trascendentale". La ricerca ha permesso di scoprire che le persone che in media trascorrono una quarantina di minuti di meditazione al giorno ispessiscono le aree del proprio cervello dedite all'attenzione. "A questo punto penso sia necessario aprire una nuova strada della ricerca sul nostro cervello, che potremmo definire neuroplasticità. Essa si dovrebbe occupare della possibilità che abbiamo di cambiare la forma del cervello con l'esercizio mentale", ha spiegato Davidson.

Il neuropsichiatra ha concentrato la sua ricerca sul Vipassana, che è la più antica disciplina di meditazione buddista, in quanto risale a 2.500 anni fa, e che ha tra i suoi scopi quella di ridurre la distrazione mentale e incrementare le capacità sensoriali. La ricerca attuale si è concentrata su 17 volontari che hanno accettato di immergersi per 10-12 ore al giorno in meditazione, per tre mesi di fila. A questi si è aggiunta un'ulteriore ricerca su 23 volontari che hanno ricevuto una lezione di meditazione che poi hanno eseguito per 20 minuti al giorno per una settimana. Ai volontari è poi stato sottoposto un gran numero di immagini su un video che comparivano come flash. Durante ciò una serie di elettrodi seguiva l'attività del cervello. Tutto ciò ha portato a scoprire che i volontari che si erano sottoposti alla meditazione intensiva erano in grado di cogliere un gran numero di informazioni in tempi brevissimi, mentre la seconda categoria vi riuscivano solo parzialmente e prove eseguite prima di sottoporsi alla meditazione mostrano una quasi totale incapacità nel cogliere le immagini proposte. La ricerca è stata pubblicata su PLoS Biology. Clifford Saron del Centro per lo Studio della Mente e del Cervello dell'Università della California (Usa) ha spiegato: "La nostra vita è una serie di momenti successivi di "cecità dell'attenzione", in quanto sono più le cose che ci sfuggono di quelle che sappiamo cogliere. Se quanto ha dimostrato Davidson risulterà vero, un esercizio appropriato della nostra mente può aprirci un mondo diverso". Ma come utilizzare questa scoperta per i bambini afflitti da Adhd? "Certamente non possiamo ipotizzare di sottoporli a meditazione intensiva, ma se riuscissimo a capire come essa agisce sul cervello, si potrebbe tentare di giungere a medesimi risultati per via medica". Nei prossimi cinque anni Davidson spera di arrivare a risultati concreti utili ad adulti e bambini.

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lunedì 7 dicembre 2009

La sincronizzazione emisferica dei lobi cerebrali

La sincronizzazione emisferica dei lobi cerebrali
tratto dal libro "Guarigione spirituale e immortalità"
di Patrick Drouot
Ed. Amrita
Solitamente gli emisferi destro e sinistro generano segnali che sono
sovente indipendenti gli uni dagli altri, e la sincronizzazione
emisferica è una condizione insolita, in cui l'attività elettrica del
cervello è equilibrata.

Questo fenomeno è reso possibile dalla propensione del cervello a
rispondere a frequenze diverse. Sappiamo da diversi decenni che i due
emisferi cerebrali hanno la facoltà di operare delle sottrazioni:
così, quando un segnale sonoro (un'onda sinusoidale) di una
particolare frequenza viene inviato ad un orecchio ed un segnale di
frequenza leggermente diversa è inviato all'altro, le due metà del
cervello devono agire all'unisono per "sentire" un terzo segnale, che
è la differenza T2. Se si emette, ad esempio, un segnale di 440 hertz
nell'orecchio destro, che corrisponde all'emisfero sinistro, ed un
segnale di 445 hertz nell'orecchio sinistro, che corrisponde
all'emisfero destro, la differenza sarà di 5 hertz, vale a dire una
frequenza Theta. Se la differenza tra queste due frequenze rientra
nella gamma di risposte elettriche del cervello, esso entra in
risonanza con questo segnale ed aumenta la sua intensità elettrica
fino a raggiungere quella frequenza. Un simile comportamento viene
chiamato "frequenza di risposta" (Frequency Following Response, FFR).

Sembra che vi sia un'integrazione dei due emisferi cerebrali dovuta a
questa sincronizzazione. Una delle maggiori autorità nel campo della
sincronizzazione cerebrale è il dottor Lester Fehni. Le sue
osservazioni sulla relazione tra attività delle onde cerebrali e
comportamento umano, lo hanno convinto che la sincronizzazione
emisferica è sperimentalmente legata a un senso di unione. Ciò che
tante altre persone hanno sperimentato soggettivamente, il dottor
Fehni l'ha potuto osservare. Vi è come una sensazione di integrazione
globale del cervello. E' come se, essendo meno coscienti mentalmente,
di divenisse più coscienti su un altro piano, "funzionando" in modo
più intuitivo. Le persone che fossero in grado di imparare a
sincronizzare le loro onde cerebrali, aumenterebbero enormemente il
potenziale del proprio cervello, non solamente per ciò che riguarda
il proprio sviluppo ed apprendimento, ma anche per diventare
ricettivi ad altri livelli di coscienza. Così queste persone
imparerebbero a passare da un lato all'altro dello specchio. Sono
persuaso che imparare a dominare le onde Theta, permetta di arrivare
alla generazione di onde Delta accoppiate alle rapidissime onde
Gamma, la porta di accesso agli stati di visione.

Da quando l'elettroencefalografo ha cominciato ad essere usato come
strumento di ricerca e diagnosi, sono stati individuati alcuni schemi
specifici, indicatori di stati non ordinari della coscienza. Le onde
cerebrali, anche se non si limitano a questa definizione,
costituiscono l'ambiente elettrochimico attraverso il quale la realtà
percepita si manifesta. Ora, la percezione della realtà cambia a
seconda dello stato di coscienza di colui che percepisce. Nel 1934,
alcuni studiosi rivelarono che le onde cerebrali e gli stati di
coscienza ad esse associati, potevano essere alterati da stimolazioni
visive ripetute ad una frequenza nota. Questo fenomeno è stato
chiamato "addestramento". L'interesse scientifico per l'addestramento
è perdurato nel corso degli anni sessanta, e dieci anni più tardi, le
ricerche scientifiche hanno confermato che delle luci lampeggianti
ritmicamente provocano cambiamenti nei ritmi cerebrali.

Nasceva così gradualmente l'osservazione del fenomeno della sincronizzazione
emisferica del cervello. Tuttavia è stato necessario attendere
l'avvento dell'informatica moderna abbinata ad una rappresentazione
topografica delle onde cerebrali ad alta risoluzione, per constatare
oggettivamente gli effetti anatomici del procedimento Hemi-Sync. Le
mappe topografiche ad alta risoluzione forniscono indicazioni sul
funzionamento di certe regioni del cervello e rendono visibili gli
effetti della sincronizzazione emisferica. Il Monroe Institute
utilizza un apparecchio chiamato NRS 24 (Neuromap System 24) in grado
di produrre una simile mappatura ad alta risoluzione. Il tutto è
collegato ad un calcolatore IBM AT o compatibile che crea un ambiente
di analisi a ventiquattro canali. Il NRS 24 è stato studiato per
facilitare la rapida ottimizzazione dei protocolli di risposta
cerebrale a qualsiasi stimolo proveniente dall'esterno.

Jerre Levy dell'Università di Chicago, professore di neurofisica,
un'autorità nel campo della laterizzazione emisferica, sostiene il
valore della simmetria bilaterale del cervello. I cervelli normali,
sostiene, sono fatti per essere sfidati; essi operano a livelli
ottimali solo quando i processi cognitivi sono di complessità
sufficiente ad attivarne i due emisferi. Senza dubbio, aggiunge, i
grandi della storia – uomini e donne – non avevano capacità
intellettuali superiori in ciascuno dei due emisferi, ma erano capaci
di raggiungere livelli eccezionali di motivazione emozionale, di
capacità di attenzione, là dove le parti del cervello sono altamente
integrate, cioè nel sincronismo emisferico.


Approfondimento sul sito http://www.sublimen.com
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Le cellule specchio

2/02/2005

Quale meccanismo sottende alla comprensione non solo delle azioni degli altri, ma anche dei loro intenti? Un raffinato studio basato sulle neuroimmagini ha permesso di comprendere di più i processi cerebrali che ci permettono di interpretare i comportamenti altrui. Ne parla la rivista PLOS Biology.

Grazie alle tecnologie odierne è possibile osservare il cervello in azione, o meglio registrare quali aree e percorsi neurali si attivano a seconda delle diverse percezioni o azioni in cui il soggetto viene coinvolto. Da questi studi si è giunti ad identificare una categoria particolare di cellule, chiamate “cellule specchio”, perché si attivano non solamente quando un individuo compie un’azione, ma anche quando vede la stessa azione compiuta da un altro. L’attività delle cellule specchio può essere attivata dalla visione dell’azione compiuta da un altro individuo, come anche da un’immagine statica o persino dal suono collegato all’azione. Le cellule specchio svolgono un ruolo molto importante nella comprensione dei comportamenti altrui, fornendoci le basi per poter interagire con gli altri.

La domanda chiave che si sono posti i ricercatori è se queste cellule specchio siano coinvolte solamente nel riconoscimento delle azioni, o anche, in modo più profondo, nella comprensione degli intenti che vi sono dietro. Infatti l’azione implica di per sé il concetto di un agente e di un oggetto, quindi un intento e un obiettivo. Per determinare questa sottile discriminazione, gli studiosi hanno sottoposto un gruppo di soggetti alla visione di una serie di immagini: un’azione senza contesto, un’azione nel suo contesto, e un contesto senza l’azione (solo oggetti). Ad esempio, veniva mostrato l’atto di afferrare una tazza, sia da solo, sia con la tazza collocata nel contesto di una tavola imbandita per il tè (pasticcini, bricco e tazza colma) o dopo la consumazione (in disordine e con tazze e piatti vuoti). Nel primo caso il gesto, di per sé identico, di afferrare la tazza aveva implicito l’intento di bere, nel secondo caso di sparecchiare. L’analisi delle neuroimmagini evocate da queste diverse diapositive ha mostrato nel cervello dei soggetti l’attivazione di aree relative a differenti gruppi di cellule specchio. “Questo significa”, deducono gli autori, “che il sistema delle cellule specchio nell’uomo non fornisce semplicemente un meccanismo di riconoscimento dell’azione, ma costituisce anche un sistema neurale per codificare le intenzioni degli altri”. Si tratta insomma di un sistema più complesso di quanto ipotizzato in precedenza.

“La più forte attivazione della corteccia frontale inferiore nella condizione dell’intento di ‘bere’ piuttosto che in quello di ‘sparecchiare’ è coerente con la nostra interpretazione che una specifica catena di neuroni codifichi una sequenza probabile di atti motori, che sta dietro alla codifica delle intenzioni”. Insomma, la mente anticipa l’azione che più probabilmente seguirà a quella visualizzata, e poiché bere, azione naturale, è più radicato che sparecchiare, l’eco che evocherà nel cervello sarà più forte. La mano afferra la tazza, la mente afferra l’intento che c’è dietro, e i ricercatori, forse, hanno afferrato il meccanismo cerebrale che l’ha animata.

Fonte: Iacoboni M, Molnar-Szakacs I, Gallese V et al. Grasping the intention of others with one’s own mirror neuron system. PLOS Biology 2005;3(3).
LEGGI TUTTO QUI
1)Con i neuroni specchio scopriamo gli altri noi
2)Condividiamo i sentimenti con i neuroni specchio
3)L'inpatto delle cellule specchio nella medicina e psicologia
4)Il meraviglioso mondo delle cellule specchio
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Neuroni e Musica

Il cervello non finisce mai di stupire. Non solo sa comporre musiche sublimi, ma "suona" in proprio.

Dan Lloyd, filosofo del Trinity College di Hartford, negli Stati Uniti, è riuscito ad ascoltare la musica del suo cervello e ha appena raccontato l' esperienza su New Scientist. Il ricercatore nel suo esperimento ha usato la risonanza magnetica funzionale, un apparecchio che quantifica l' afflusso di sangue alle varie zone del cervello. Poiché l' aumento dell' irrorazione in una zona o nell' altra del cervello dipende dal tipo di attività, la RNM riesce a identificare quali regioni si "accendono" durante specifici compiti, misurando anche l' intensità dell' attività che corrisponde a quella dell' irrorazione. I risultati sono mappe del cervello con le varie aree colorate in modo diverso e scansioni a video (come quelle riportate nella foto). Qui il colpo di genio di Lloyd, che ha trasformato in musica quelle immagini: per farlo ha messo a punto un software che associa una nota musicale a ciascuna delle aree cerebrali che di volta in volta si accendono, attribuendole un volume proporzionale all' intensità dell' attività. L' americano ha quindi fatto una prova su se stesso, sottoponendosi a risonanza mentre guidava un' auto virtuale al computer o stava a riposo, per poi passare nel software le scansioni ottenute: gli è bastato ascoltare le note prodotte dal suo cervello per distinguere il momento in cui aveva cambiato attività. Incuriosito, ha provato a usare come "spartito" le risonanze di persone sane e di pazienti con demenza o schizofrenia, scoprendo che la musica dei loro cervelli era parecchio diversa. Gli schizofrenici, ad esempio, passano da un' attività cerebrale intensa a una scarsa in modo casuale; chi soffre di demenza manifesta le disfunzioni con ritmi irregolari. Alcuni cambi di melodia erano correlati a modifiche dell' attività cerebrale evidenti sulle immagini della risonanza, altri non erano associati a variazioni altrettanto visibili: come se "ascoltando" il cervello riuscissimo a distinguere ogni suo minimo mutamento di attività, meglio che "guardandolo". Ma tutto questo potrà mai servire a qualcosa? Secondo alcuni neuroscienziati sì: a livello sperimentale, aiuterà a identificare regioni cerebrali da scandagliare in maniera approfondita, che sono attive anche se a "prima vista" non è possibile accorgersene; le melodie cerebrali inoltre sarebbero utili per capire come le varie aree si accendono e si spengono nel tempo, molto di più di quanto sia possibile solo osservando immagini prese in successione. E poi ci sarebbe l' implicazione clinica, ovvero ascoltare il cervello per diagnosticarne le patologie: sarà mai possibile riuscirci? «Forse, ma non nell' immediato futuro - osserva Marco De Curtis, responsabile del Laboratorio di fisiologia dei sistemi corticali, all' Istituto Besta di Milano -. La trasformazione in musica della risonanza è un tema da approfondire, ma è difficile che possa mai sostituire la visita clinica nella diagnosi di schizofrenia, demenza o altre patologie neurologiche. Forse, se si dimostrerà con certezza che un certo ritmo è marcatore di disturbi specifici, sarà possibile usare questo tipo di indagine per approfondire la diagnosi in pazienti con un sospetto di malattia neurologica».

Di certo c' è che, per ora, pure la risonanza magnetica funzionale standard esce poco fuori dai laboratori di ricerca. «In clinica le applicazioni non sono molte - ammette De Curtis -. Si usa, ad esempio, se dobbiamo operare il cervello per eliminare un tumore, per non intaccare zone indispensabili o per verificare che altre aree cerebrali stiano funzionando al posto di quelle malate». Della musica del cervello si potrebbero però fare anche usi meno scientifici. «Non è un suono pulito, né una vera melodia, - ha detto Lloyd - ma non è neanche rumore casuale: è una "quasi musica" piacevole. I miei studenti se la sono già caricata sui lettori mp3». Ad ogni area è abbinato un colore e a ogni colore una nota…




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venerdì 27 novembre 2009

Pensiero e Sincronizzazione Elettroncefalografica

EEG, Elettroncefalografia, Pensiero, Sincronizzazione

'Nella nostra epoca l'uomo ha perso ideologicamente la strada... La scienza si è spinta troppo oltre nel distruggere la fiducia dell'uomo nella sua grandezza spirituale... e gli ha istillato la convinzione di essere semplicemente un insignificante animale, che si è evoluto per caso e necessità in un altrettanto insignificante pianeta, sperduto nella grande immensità del cosmo...

Noi dobbiamo renderci conto dei grandi misteri della struttura materiale e del funzionamento dei nostri cervelli, della relazione tra cervello e mente e della nostra immaginazione creativa.'
Sir John Eccles, Nobel per la neurofisiologia
Lo studio delle neuroscienze trova addentellati con la sincronicità junghiana attraverso una branca medica ancora di sponda -la parapsicologia- per mezzo della sincronizzazione elettroencefalografica. Numerosi esperimenti condotti per mezzozo dell'analisi delle relazioni che intercorrono fra pensiero e dell'ausilio dell'elettroencefalogramma dimostrano come durante circostanze particolarmente coinvolgenti dal punto di vista emozionale, quali l'innamoramento, il fervore politico idealistico o religioso, amore o amicizia profonde, nella relazione maestro e discepolo, si creano delle modifiche dei tracciati elettroencefalografici del singolo e del gruppo degni di nota, che corrispondono a stati d'animo affini ed empatici. I tracciati EEG delle persone in suddette
particolari circostanze tendono a mostrare simmetria di segnali fra l'emisfero cerebrale dx e il sx in un medesimo individuo, ma ancora piu' sorprendente come possano diventare simili fra soggetti distinti. La scienza ufficiale afferma che la probabilita' statistica che due persone abbiano tracciati EEG identici è nulla, in quanto ognuno assume caratteristiche personali che rispecchiano gli stati emotivi altalenanti e difficilmente riproducibili. Risultano quindi significativi i risultati riportati di seguito. Sebbene la scienza ufficiale non lo consideri un dato rilevante, sembra impossibile considerare casuale quanto verrà descritto. L'EEG funziona da vero e proprio indicatore dello stato psicofisico, potendo documentarne con la sua coerenza interemisferica lo stato di integrità dell'individuo. Da esperimenti neurofisiologici viene documentato come una stessa persona presenti EEG altamente sincronizzato fra i due emisferi in relazione alla sua condizione ( nella salute la sincronizzazione interemisferica è molto elevata e viceversa assume connotazioni non sincrone nella sofferenza e nelle forme depressive ). Le onde armoniche caratterizzano stati creativi e di grande pace interiore: infatti i tracciati EEG di persone meditative e spirituali si presentano di forma sferica e ricchi di onde alfa, al contrario dei quadri tipici delle persone fredd e razionali che risultano prevalenti in onde delta e teta. Le onde sferiche presenti nelle persone meditative hanno una caratteristica forma a spirale che riporta alla terza matrice archetipica.
Questo fa riflettere sulla simbolicità dei testi religiosi e della tradizione antica e moderna, che vede di frequente l'utilizzo della forma a spirale come simbolo che rappresenta la forza cosmica che agisce in senso continuo e centripeto. Dagli esperimenti effettuati è emerso come esista una campo di "sincronizzazione collettiva"ovvero un campo di coerenza condiviso fra persone in gruppo, ad esempio in riunione, in preghiera o in meditazione, gli EEG tendono infatti a sincronizzarsi reciprocamente su frequenze stabilite. Inoltre il tracciato EEG di un soggetto meditante tende a desincronizzarsi nel momento in cui si avvicina un secondo soggetto estraneo e non interessato. L' allontanamento del soggetto riporta il tracciato a valori di sincronicità interemisferica. Nell'ambito della relazione uomo-donna, il substrato elettroencefalografico dell'attrazione sessuale è una sincronizzazione altissima, ma di segno opposto, e rappresenta simbolicamente lo yin e lo yang. Gli esperimenti condotti con l'ausilio dell'elettroencefalogramma fanno propendere per l'esistenza di una forma di comunicazione extrasensoriale fra le menti, comunemente identificata con il termine di "feeling" o di "empatia". Le onde elettroncefalografiche e le correnti neuronali trasmetterebbero
dei veri e propri segnali di benessere o malessere; le stesse onde verosimilmente possono essere in grado di creare campi energetici che permettono una sorta di comunicazione non verbale fra individui. E'plausibile pensare che i segnali che poi analizziamo come onde elettroencefalografiche possano essere vera e propria energia che rispecchia l' energia psicofisica della persona nel momento; ci risulta quindi vera ora la citazione attribuita a Sivanada: "il pensiero è una forza vitale e vivente,la forza piu vitale, sottile e irresisibile che esita nell'universo...il pensiero vive" Esiste un'altra ipotesi per spiegare questi fenomeni: ed è la sincronicità, cioè la possibilità che eventi distinti si presentino in modo sincrono, in virtu' della presenza di un vuoto subaquantistico che si sincronizza istantaneamente con eventi neuropsichici analoghi, senza barriere di spazio tempo. In questo caso il processo di astrazione che dobbiamo fare per superare le nostre accezioni comuni è
ancora piu' grande, ovvero non solo immaginare che il pensiero sia vera e propria energia e come
tale si trasmetta, ma che possa comunicare con altri pensieri affini anche senza venirne a contatto, in una matrice primordiale dove eventi simili si sincronizzano senza l'avvento della causalità.
di Silvia Serio
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mercoledì 25 novembre 2009

Autoguarigione :processo cerebrale?

L'Autoguarigione: Processo Cerebrale?
di Ranieri Matonti

http://www.neuroscienze.net/index.asp?pid=idart&cat=2&arid=566
Abstract
Il corpo umano possiede delle capacità di autoguarigione che si manifestano anche in condizioni
patologiche gravose. Definito scientificamente come guarigione spontanea, detto fenomeno
sembra avere quale substrato anatomo - fisiologico l'asse ipotalamo-ipofisario- sistema immunitario. Esso sembra essere il responsabile, in date circostanze, della produzione di ormoni e molecole favorenti l'autoguarigione. La PNEI è la scienza a cui dobbiamo tali evidenze.

Le circostanti favorenti la messa in circolo di molecole quali citochine, serotonina, dopamina, sono attivate mediante il sistema limbico e rafforzati da uno status mentale creativo, da un' alta autostima,dalla preghiera nonché dall'eliminazione di eccessi alimentari, abuso di sostanze nocive per l'organismo, etc,etc.

Il cervello è capace di creare tutte le condizioni necessarie nel rilevare, affrontare e risolvere i
disturbi corporei? anche i più gravi? Sembra proprio di sì e sembra che questo fenomeno possa essere attivato mediante meccanismi immunitari ed adeguate secrezioni. L'occidente, con il proprio modus pensanti, attribuisce certe guarigioni straordinarie e inspiegabili per la scienza, a fattori miracolistici. Definito come guarigione spontanea, in realtà è un fenomeno che inizia ad avere delle risposte da parte della PNEI e che sostanzialmente, sembra attivare alcune sostanze chimiche, i neurotrasmettitori.
PNEI è l'acronimo di psiconeuroendocrinoimmunologia, disciplina che studia le interrelazioni tra psiche, sistema immunitario, endocrino e nervoso, nonché come questi si influenzino vicendevolmente. Grazie alla PNEI, alla sua scientificità, sono cadute molte teorie tendenti alla frammentazione del essere umano, teorie che hanno trovato spazio, considerazione e protezione da parte della medicina convenzionale. La liberazione dei neurotrasmettitori avviene continuamente
ed è influenzata da innumerevoli fattori: il nostro stato mentale in primis, la tendenza ad essere positivi anche nelle condizioni critiche, lo stile di vita ed il vissuto emotivo. Cosicché ad esempio, essere diffidenti sulle proprie capacità, possedere uno scarso grado di autostima e di risorse interiori, provoca allo stesso modo dell' uso indiscriminato di farmaci e/o abuso di sostanze nocive un indebolimento del fenomeno dell'autoguarigione. Da segnalare uno studio effettuato presso L'Harvard Medical School di Boston, pubblicato nel 2002, secondo cui la preghiera ed in particolare la recitazione del rosario ed anche di un mantra ripetuto, avrebbe la capacità di regolarizzare la pressione arteriosa ed il battito cardiaco. In effetti, è dimostrato che queste pratiche tendono ad abbassare il tono del sistema simpatico a favore di una attivazione di quello parasimpatico, predisponendo al rilascio di ormoni quali serotonina, (l'ormone del benessere)
dopamina, endorfine, citochine. Le sostanze neurotrasmettoriali come le citochine, la
serotonina attivano le indispensabili difese immunitarie dell'organismo. Accanto alle preghiere o ai mantra, la produzione di dette molecole è incrementata dalla capacità reattiva che il nostro corpo è in grado di porre in atto nonché dalla creatività, l'amore, lo sport, il sesso e la pratica di un'arte.
Processo che verrebbe da dire origina dall'organo più nobile e sconosciuto del corpo umano, il
cervello, ed è da esso quindi che deriva la nostra capacità di non ammalarsi. Mi viene da pensare
come sia errato il life style assunto da noi occidentali e l'errata direzione alla quale viene spinta la nostra vita, lontana dall'interiorità, dall'ascolto dei bisogni primari in favore di una esistenza che dire superficiale è un eufemismo. Viene allora naturale considerare il sintomo fisico come un
cialtrone da debellare ed il corpo che lo manifesta come uno sciocco strumento meccanico da
riparare al più presto, veicolo di disservizio e di rallentamento dei ritmi quotidiani. Quanta cecità!
Basti pensare che in presenza di sintomi come la febbre o un banale raffreddore, questi sono
stroncati immediatamente, assumendo il primo farmaco a portata di mano ed in più attraverso l'
automedicazione.
Il substrato anatomo - fisiologico dell'autoguarigione
Il potenziale di auto guarigione, sembra si verifichi specificatamente attraverso la mediazione
dell'asse ipotalamo-ipofisi - sistema immunitario. Georg Groddeck, medico e psicoanalista, padre della moderna psicosomatica, all'inizio del ‘900 descrisse le capacità del corpo umano di ripararsi da sé in seguito a malattia. Groddeck riteneva che i nodi da sciogliere per sconfiggere la malattia si trovassero nella parte razionale del cervello, la quale doveva essere ridimensionata per permettere all'energia vitale (ES)di emergere e guarirci. Nel suo bellissimo libro, NASAMECU, acronimo ippocratico di natura sanat medico curat, Groddeck fornisce tutte le indicazioni tendenti a tale scopo. L'autore dunque rileva che l'autoguarigione sia possibile attraverso il ridimensionamento dell'IO a favore dell'ES, ovvero dell'energia vitale che è presente dentro ognuno di noi e che fa funzionare insieme tutte le cellule, ricostruisce il corpo rinnovandolo continuamente, ci difende dagli attacchi e ci cura. Questo principio, in netto anticipo sui tempi, è una prima forma di lettura "scientifica" la quale propone anche una visione unitaria o come diremmo oggi, olistica dell'uomo. L'Es, definibile anche come forza totipotente, viene ostacolatadunque dall'IO. L'IO è figlio di una cultura dominante di superficie, di un'educazione cieca di fronte alle diversità e che ci vuole omologati ed in tendenza con il sistema. L' IO è rafforzato dai luoghi comuni, dalla routine quotidiana e da tutte quelle condizioni che ci spingono verso direzioni innaturali, le quali porteranno, prima o poi verso la malattia. Ogni malattia rappresenta non solo una lacerazione della propria trama di vita, ma rappresenta un forte appello della nostra intelligenza interiore che altro non chiede di ripristinare l'omeostasi e dunque la salute.

Spesso il disagio è già in sé la soluzione: basterebbe riportare in primo piano i segnali che il corpo invia, ascoltare le sue sensazioni ed esserne maggiormente consapevoli. Tanti segnali vengono ignorati o addirittura soppressi ma, questi sono segnali di denuncia di una disarmonia che va ben oltre il corpo stesso. La PNEI dimostra scientificamente, ciò che Groddeck teorizzava. La psiche con i suoi processi, il pensiero, la coscienza, le emozioni sono elementi compresenti in ogni processo nervoso, endocrino ed immunitario. Tutto dunque nasce dalla mente, in particolare dall' area limbica, sede delle emozioni e dei comportamenti istintuali. All'interno dell'area limbica giungono continuamente afferenze da tutti gli organi. David Servan - Schereiber dell' Università di Pittsburgh, Pennsylvania, afferma che il " il cervello emotivo" possiede due meccanismi naturali di autoriparazione. Si tratta di capacità innate di ritrovare l'equilibrio ed il benessere...paragonabile alla cicatrizzazione di una ferita. Inoltre l'area limbica è la centralina di funzioni vitali come la respirazione, il battito cardiaco, la libido, il sonno, la pressione arteriosa, la secrezione ormonale e
la risposta immunitaria.
1. Cosa ostacola il processo di autoguarigione?
2. Cosa invece lo favorisce?
3. Alla base dell'effetto placebo, vi è questa risposta?
Sicuramente alla prima domanda si poterebbe rispondere che primo fra tutti, l' ostacolo primario
per il nostro guaritore interno è il cervello razionale. L'IO, ovverosia le convinzioni, gli schemi mentali e la cerebralità, il ruminìo mentale, il modo di pensare, i falsi obiettivi e/o progetti che ci imponiamo, le credenze e il modo di agire nella realtà ci orientano verso un'operatività rigida, legata a contingenze quotidiane. Ciò promuove un disallineamento tra i due cervelli, generando uno stato di caos e disarmonia del biochimismo corporeo. Un IO che è incapace di accogliere le sensazioni ed i bisogni reali. Il prevalere del cervello razionale sul limbico crea le condizioni per l'instaurarsi di un assetto neurochimico tipico dell'ansia o degli attacchi di panico.
Quante depressioni, attacchi di panico o stati ansiogeni potrebbero trovare soluzione se soltanto ci si orientasse all'ascolto dei propri bisogni. Queste comuni manifestazioni psicosomatiche, sono supportate da un'iperattività del sistema nervoso autonomo, in particolare dalla sezione simpatico.
Non solo ansia e attacchi di panico! Stress, forte autocontrollo, producono le stesse molecole le quali indeboliscono il nostro sistema salute. Cortisolo, (l'ormone dello stress) adrenalina, radicali liberi sono le molecole responsabili, quando prodotte in eccesso e per molto tempo, dell' indebolimento del sistema immunitario, cardiovascolare, gastrointestinale. Esse provocano tra l'altro, una riduzione dei globuli bianchi ed anche l'innalzamento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, predisponendo l'uomo ad un aumentato rischio di incappare in frequenti malattie(virali, batteriche)e di innalzare i fattori di rischio di ictus o infarto del miocardio. E' possibile allontanarsi da questi pericoli, attraverso la "riprogrammazione" della propria attività mentale: essere in sintonia con i propri bisogni e quindi con se stessi, essere liberi di esprimere
emozioni, ridere, meditare, vivere una sessualità appagante, coltivare interessi e passioni, essere creativi, dedicarsi allo sport preferito favoriscono la salute, promuovono la crescita dell'autostima del buonumore, dell'empatia. Tre condizioni che il nostro cervello plastico adora e che gli fanno produrre le sostanze della felicità e della salute: endorfine, serotonina, dopamina, citochine, linfochine. La seconda domanda può trovare risposta dalla teoria esposta dal ricercatore Enzo Soresi. Il ricercatore, autore de il "cervello anarchico" (UTET) propone la tesi dello "shock carismatico". Con detta tesi, Soresi teorizza sulle remissioni spontanee che alcuni individui hanno comportato durante patologie serissime e conclamate. Definiamo cosa è lo shock carismatico; esso
è secondo l'autore "un cambiamento profondo dello stato mentale della persona quando incontra
un soggetto molto carismatico". All'interno del libro viene segnalato un caso di un contadino
afflitto da melanoma che guarisce dopo un incontro con Madre Teresa di Calcutta. E' indubbio che l'uomo abbia questa risorsa e la stessa trova testimonianza in questa come in tante altre guarigioni inspiegabili. Lo stesso effetto placebo, è ipotizzabile che esso sia riconducibile ad una modificazione biochimica del cervello, generata dalla fiducia riposta nel farmaco da parte del paziente. Evidenze chiare circa l'effetto placebo non ve ne sono, però in letteratura scientifica l'esempio maggiormente significativo è dato dal confronto tra l'attività antidolorifica prodotto dalla morfina con quella prodotta dall'acqua, somministrata in pazienti ignori dello scambio. I dati ci dicono che la scomparsa del dolore nel campione placebo è del 60%. Mentre la medicina ufficiale etichetta l'effetto placebo come un processo di autosuggestione, l'auspicio è quello di poter approfondire, conoscere in fondo questo promettente ambito di ricerca e svelare gli intimi e
meravigliosi segreti dell'autoguarigione.
Keywords: PNEI, Groddeck, Processo, Autoguarigione, Cerebrale, Cortisolo
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Musica e scienza

Musica e scienza

Uno studio recentemente pubblicato da due ricercatori della University of London – “Tipologie di trasferimento dell’emozione attraverso la musica”, di Joydeep Bhattacharya e Nidhya Logewaran – afferma che la musica influenzerebbe in modo sensibile le risposte della mente alle immagini visive.
Guardando la fotografia di un volto, l’osservatore legge l’emozione espressa da quel volto in modo diverso se precedentemente ha ascoltato 15 secondi di musica. Se tale musica era “allegra”, l’espressione facciale – neutra – viene più facilmente letta come felice, e viceversa.
La musica sarebbe quindi in grado di influenzare le emozioni umane e la risposta della mente alle sollecitazioni della realtà esterna. La dimostrazione empirica di ciò che, in fondo, è una consapevolezza generale sull’importanza della musica nella vita di ciascuno: una sorta di colonna sonora a cui associamo abitualmente esperienze vissute e sentimenti..

Oggi sappiamo anche che qualsiasi parte del nostro corpo e dell’intero universo è composto da particelle o elementi minimi detti fononi (dal greco phonos = suono) che hanno frequenze elevatissime.

Il sistema nervoso autonomo, costituito da simpatico e parasimpatico, è uno dei maggiori componenti neurologici delle emozioni. Il simpatico attiva il corpo aumentando la frequenza cardiaca, stimolando la secrezione di adrenalina e di altri neurotrasmettitori e la trasformazione del glicogeno per produrre energia. Il parasimpatico invece è un inibitore che abbassa la frequenza cardiaca, stimola la digestione e la secrezione salivare. E' stato verificato che differenti tipi di musica possono stimolare sia il simpatico che il parasimpatico. Ascoltare musica sembra stimolare anche il rilascio di endorfine coinvolgendo il sistema limbico che contiene un gran numero di recettori per gli oppioidi endogeni. Questo risulta particolarmente importante in relazione alle terapie effettuate con suono e musica. Sappiamo infatti che la musica ha la caratteristica peculiare di transitare senza mediazioni dagli apparati uditivi del sistema limbico, che è il centro dove sorgono le risposte emotive, mentre il linguaggio verbale moderno agirebbe più che altro sui piani analitici e logici dell'emisfero sinistro.

L'emozione è una energia più ancestrale e naturalmente "primitiva" come può esserlo l'onda del mare. Le emozioni rappresentano quindi un livello primordiale, non razionale, ma non per questo non intelligente, anzi, depositario di una intelligenza non mediata ed intuitiva che spesso sorprende la razionalità. Caricare una parola di emozione e di significato equivale a renderla vicina alla musica .

Le prime "emozioni" che raggiungono gli esseri viventi sono trasmesse da mezzi elastici, quali l'acqua del mare, il liquido amniotico ecc… e sono di tipo ritmo-sonico (musicale), come il battito del cuore materno. Con il suono e le vibrazioni, pertanto, siamo in grado di raggiungere le componenti emozionali più profonde.

Udiamo, captiamo, non solamente attraverso le orecchie e il sistema neuro-cerebrale, ma anche per mezzo di un insieme di recettori sparsi un po' dovunque sul corpo: il corpo al suono, risponde con un altro suono. Il corpo si comporta come un diapason che messo accanto ad un altro diapason si mette a vibrare alla stessa frequenza. Il corpo umano in stato di riposo vibra ad una frequenza intorno agli 8 cicli al secondo, che è anche la frequenza delle onde cerebrali "Alpha" prodotte dal cervello in stato di rilassamento, come non a caso la frequenza fondamentale della vibrazione terrestre è la medesima. E' un tentativo perenne del corpo di aderire per mezzo del suono all'ordine e all'equilibrio dell'ambiente in cui vive.

Dall'altro lato il corpo stesso è uno strumento che emette vibrazioni e suoni propri. Alcuni come i ritmi del respiro e del battito cardiaco sono udibili, e se disponessimo di un apparato uditivo adatto, potremmo perfino "sentire" la nostra armonia personale. Il corpo riceve musica, la trasforma interiormente in emozione e risponde con vibrazioni proprie, con una musica propria.

La musica è il mezzo per intrattenere i giusti rapporti con la Natura, per conservare la coesione di un gruppo umano, per mantenere l'equilibrio psicofisico di ciascun membro della comunità e l'unione tra il corpo e lo spirito.


Esiste un sottile scambio emotivo e fisico tra ascoltatore, esecutore e il resto del pubblico. Una delle caratteristiche dei concerti e delle esecuzioni dal vivo è che si ascolta sia con la propria energia che con quella collettiva. L'accumulo di attenzione da parte del pubblico crea un intenso campo energetico che può esercitare una forte influenza sia nella produzione dei suoni sia negli effetti sul corpo e sulla mente dei presenti. Gli effetti e le influenze della musica sono tanto più evidenti quanto più siamo disposti a fare esperienza, quanto più siamo abbandonati alla musica che stiamo sperimentando tanto più le sue energie agiscono su di noi. La musica è molto potente, ma la sua capacità di agire sul nostro essere e di vitalizzarci diminuisce in relazione ad eventuali tensioni, resistenze, chiusure mentali, pensieri critici, atteggiamenti analitici, impazienza, distrazioni ecc. Se invece offriamo alla musica un corpo e una psiche rilassati, una mente aperta, essa vi penetra rivitalizzando
Penso che la Musica non solo può aprire le porte alla coscienza dei suoni, ma può anche mettere in comunicazione il mondo materiale con quello spirituale.

Antonio Elia

Fonti :

21 minuti” format di Patrizio Paoletti.

Marco Stefanelli ( psicologo e musico terapeuta ).

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